Controvento
Di Barbara P.
Il vento. Il mare. Le nuvole. Il freddo. Grigio ovunque. Una fitta pioggia cadeva. Fitta e spietata. E quel vento. Il più forte che avesse mai tirato da quelle parti. C’era mai stato un vento così? No, forse no. Il rumore delle onde. Come un megafono, il vento lo trasportava fin lassù a ricordargli che, sotto quelle raffiche, il mare infuriava, arrabbiato. Da dove si trovava tutto sembrava essersi fuso in un umido, freddo grigiore. Mare, vento, pioggia, nuvole. Tutte le forze della natura parevano ergersi tra lui e la sua meta.
Ce l’avrebbe fatta? Cosa poteva, lui, contro quel vento e il suoi terribili alleati? Se ci fosse stato solo il vento, forse…ma quelle onde così alte e quelle nuvole così minacciose lo rendevano ancora più invincibile e invalicabile. Un muro d’aria determinato a respingerlo con ogni mezzo a disposizione degli elementi.
Contro aria e acqua aveva solo il suo fuoco per cercare di approdare alla terra oltre la baia.
Sarebbe stato difficile. E faticoso. E doloroso.
Ma le piume già fremevano, il cuore palpitava pronto a scandire il ritmo del volo, le ali ormai in posizione.
Non c’era davvero alcun motivo per aspettare ancora. Non si poteva indugiare oltre.
Il volo chiamava.
E al richiamo del volo non si poteva opporre resistenza. Era nato per volare.
Spostarsi dalla roccia sulla quale le zampe poggiavano sicure ad un’altra roccia al di là del vento era necessario. Un dovere. Un inesorabile dovere.
Come il vento non poteva che soffiare, lui non poteva che volare.
In fondo, non poteva neppure scegliere dove andare. Le sue ali lo sapevano per lui. Lui doveva solo obbedire, volare e andare là dove era deciso che andasse.
Le zampe ora si stavano flettendo per permettergli di avere la spinta necessaria, le ali si ripiegavano sul corpo per potersi poi dispiegare, il collo si stava stendendo per portare il becco in avanti a fendere l’aria.
Proprio mentre iniziava a sentire l’adrenalina scorrergli nel sangue in procinto di esplodere nella lucida follia di un volo impossibile e solitario, in quel minuscolo istante prima di spiccare il volo, quell’eterno istante al di fuori del tempo, fu colto da un pensiero. Non un pensiero. Un’intuizione profonda, viscerale, agghiacciante ed esaltante al tempo stesso. Una nuova e inaspettata prospettiva.
E se non avesse volato? Oppure se avesse scelto un’altra destinazione? Poteva anche aspettare che quel vento si placasse. Poteva camminare? O chissà, nuotare?
Nuotare! Che assurdità..non era mica un pesce! Lui era un gabbiano. E i gabbiani volano. Hanno sempre volato e sempre voleranno. E non si fermano certo perchè soffia un vento spaventoso. E non si soffermano neppure a decidere dove vogliono andare perchè la loro meta è già decisa quando loro sono ancora dentro l’uovo e, da quando l’uovo si schiude, non potranno che obbedire alla Legge dei Gabbiani.
E i gabbiani volano. Volano dove le loro ali li vogliono portare, piaccia o no. Così è stato, così è e così sarà per ogni gabbiano nei secoli dei secoli.
Camminare, fermarsi, decidere, volare….quanto era stato ridicolo quell’impeto di speranza.
Provò per se stesso un misto di tenerezza e ripugnanza per essere stato così patetico.
Come poteva un piccolo, insignificante gabbiano cambiare la sua vita anche se spesso lo faceva sentire triste, solo e impaurito?
Chissà se anche gli altri gabbiani si sentivano come lui? Se fosse stato così, in fondo, non sarebbe stato davvero solo, ma unito a tutti i gabbiani che si sentivano come lui e sarebbe stato reso più forte e coraggioso da quelle moltitudini di cuori disperati che battevano accanto al suo e, da essi, avrebbe tratto la forza per liberarsi dalla schiavitù della Legge dei Gabbiani e, liberando se stesso, avrebbe liberato tutti gli altri gabbiani incatenati come lo era lui.
Immaginò l’estasi di trascinare verso la libertà e la speranza tutti quei gabbiani disperati e sentì l’Amore esplodergli dentro, in ogni cellula e traboccare dal suo cuore fino a bagnare i suoi occhi di calda emozione e pura gioia.
Ma quell’Amore non era forse reale? Quell’estasi non era forse più forte della Legge dei Gabbiani?
Sì, poteva. Poteva. Poteva essere padrone e artefice della sua vita.
Volare o non volare.
E se avesse deciso di volare, avrebbe volato per il piacere di farlo, avrebbe, finalmente, goduto del sole, della velocità, assaporato il divertimento di dominare l’aria in compagnia delle nuvole.
C’era una gran bella differenza tra volare per volontà e volare per dovere.
Andare a destra o andare a sinistra. Fermarsi o procedere.
Poteva solo, meravigliosamente, Essere.
Perché ci aveva messo così tanto a capirlo? Perché non aveva scoperto prima la sua essenza?
Perché aveva creduto a quell’assurda e innaturale Legge dei Gabbiani?
Eppure era tutto così meravigliosamente semplice e vero.
E proprio mentre si nutriva della sua nuova consapevolezza, un urlo lontano lo riportò con violenza su quella roccia sferzata dal vento.
Strizzò un po’ gli occhi per vedere oltre la pioggia. Gli sembrò di scorgere…sì…era un gabbiano che volava nel vento verso l’altra sponda della baia.
Sentì nuovamente tutto il freddo del vento e della pioggia e il suo cuore si raggelò di nuovo.
Dov’era il calore dell’Amore?
Dov’era la sua Volontà?
Rimaneva solo la desolazione di essere un gabbiano come quello che vedeva lassù.
E i gabbiani volano dove le ali devono andare.
Una lacrima di dolore scese sul becco.
E poi volò.
Il vento lo respingeva indietro, il freddo intorpidiva le sue ali. E mantenere la rotta sembrava un’impresa al di sopra delle sue forze.
La sfida tra lui e la Vita era ripresa. E lui era solo a combattere là fuori, dove nessuno lo vedeva, nessuno lo incoraggiava. E, se fosse arrivato, nessuno lo avrebbe consolato della fatica fatta né lo avrebbe stretto a sé per dirgli: bravo, sei stato coraggioso.
Volava, e lottava.
E dopo questa battaglia il domani avrebbe portato con sé solo altri voli. E altre battaglie.
Lui era solo un gabbiano. E i gabbiani dovevano volare.
È la Legge dei Gabbiani.
Scommetto quello che vuoi che non hai altra opzione che mettercela tutta per ottenere e raggiungere le mete che noi stessi ci poniamo! E se sono mete etiche ed in armonia con il Creatore allora saranno sempre avventure e con un buon e lieto fine!
Ad un certo punto di questo racconto, mi è quasi sembrato di avere le piume …e bagnate al punto di avere voglia di spiccare un balzo per farle asciugare dal vento.
Come è possibile esprimere così bene l’essenza ?
Grazie Barbara.
grazie a te…sempre!